La collezione 2023 di B&B Italia ritratta a Villa Arconati a Bollate, Italia.
«In questa opera del suo rarissimo giudicio la Natura e l'Arte concorsero a gara con le sue doti a farla unica alla Insubria, e famosa oltre i confini d’Italia: la scoltura e la pittura ha qui il suo regno, e da lontanissime parti condotte le statue e Colossi, con mille reliquie della grandezza Romana non portano invidia alle delicie dell’istesso Impero. Taccio l’artificio delle fontane, le selve murate, le fiere domestiche, gli uccelli peregrini e quanto è di maraviglioso altrove, quivi, quasi in Theatro raccolto…»
Con queste parole, in una lettera del 1632, l’architetto Francesco Richini, autore di notevoli edifici religiosi e patrizi della provincia di Milano, ringraziava Galeazzo Arconati per averlo ospitato nella sua villa alle porte della città durante la peste Manzoniana di due anni prima.
È, dunque, proprio alla residenza che è indirizzato il panegirico sopra riportato, parole che, per quanto cariche di enfasi retorica, ci trasmettono la visione e l’ambizione che avevano ispirato l’Arconati nel progettare la straordinaria villa che a distanza di quattro secoli – nell’odierna Bollate, all’interno del Parco delle Groane – porta ancora il nome del suo casato.
Feudatario della Pieve di Dairago, nonché cugino e pupillo del cardinale Federico Borromeo, Galeazzo Arconati fu mecenate, collezionista raffinato e architetto dilettante. Inclinazioni, queste, che lo portarono, nel 1610, all’acquisto della proprietà del Castellazzo, con annessi “casa da nobile” ed edifici di servizio. L’idea era di realizzare una sontuosa residenza che celebrasse il prestigio della famiglia e custodisse la già notevole collezione d’arte che, di lì a poco, si sarebbe arricchita di dodici manoscritti di Leonardo, compresi il Codice Atlantico e Codice Trivulziano 2162 poi donati alla Biblioteca Braidense, e dell’imponente Tiberio in marmo del I secolo d.C. ancora oggi in villa.
Alla morte di Galeazzo nel 1648, il progetto era ancora incompiuto e tale sarebbe rimasto fino all’avvento di Giuseppe Antonio Arconati, che iniziò nuovi lavori nel 1742, ispirandosi in primis alla reggia di Versailles. Furono edificate allora l’ala sud-ovest e rimodellate quelle ovest e sud in stile barocchetto lombardo. È in questo periodo che la residenza assume sembianze e dimensioni odierne, con 70 stanze finemente decorate, distribuite in 10mila metri quadrati. Anche i 12 ettari di giardini furono in buona parte rivisitati alla francese, con l’aggiunta di innumeri fontane e giochi d’acqua e un parterre con serraglio di animali esotici davanti al prospetto sud.
Con l’estinzione degli Arconati, a partire dal 1772 la villa passa prima cugini Busca e poi, alla metà del Novecento, ai Crivelli. Segue un lungo periodo di sostanziale abbandono che termina nei primi anni Novanta del secolo scorso, quando la residenza viene acquistata da una società di gestione immobiliare assieme e suoi giardini. Dal 2011, Villa Arconati è sede della Fondazione Augusto Rancilio, impegnata in un importante progetto di restauro e nella promozione di attività culturali e didattiche. Dal 2015, è aperta al pubblico ogni domenica da aprile a dicembre, mentre alcuni ambienti sono destinati a eventi e manifestazioni privati.
Photography Tommaso Sartori
Video Feline Studio / Director Simone Yang